Frasi giuridiche in latino. Cominciamo a vedere con questo articolo una serie di frasi latine ancora usate in ambito legale e giudiziario, a testimonianza del fatto che il nostro diritto ha chiaramente origine dalla legge di Roma antica e che nelle aule di tribunale odierne circola ancora l’aria proveniente dal «forum Romanum».

 

 

  • abusus non tollit usum: > letteralmente «L’abuso non elimina l’uso». Significa che una cosa si può usare, anche se può servire chi la utilizza abusandone, cioè  con uso smodato o sconveniente. Ad esempio, il fatto che alcuni abusino del vino, non significa che il suo uso moderato non sia legittimo.

 

  • adhuc sub iudice lis est: > letteralmente «La lite è ancora sotto il giudice» , ossia la sentenza non è ancora stata emessa. La frase è tratta dall’ Ars poetica del poeta Orazio. Si cita nelle questioni controverse, sulle quali non si riesce a conseguire un accordo. Più usata è l’espressione semplice che deriva da questa: «sub iudice » ad indicare che una questione non è ancora stata giudicata, e quindi è ancora «sotto giudice», cioè ancora nella valutazione di chi deve emettere una sentenza.

 

  • a divinis: > letteralmente «dalle cose divine». Il senso è «dai compiti divini». La sospensione «a divinis» è una pena di carattere giuridico che viene comminata ai sacerdoti per mancanze ritenute molto gravi e consiste nell’interdizione a svolgere le funzioni ministeriali sacre come la Celebrazione della Messa o l’amministrazione dei Sacramenti quali la Confessione, la Comunione, il Battesimo e l’Unzione degli Infermi.

 

  • cui bono?: > letteralmente «a vantaggio di chi ?». Sembra che l’espressione sia stata inventata e formulata da un certo Cassio Longino, rinomato giurista del tempo dell’imperatore Claudio. Il significato è pressochè identico al detto : “Is fecit cui prodest” (l’ha fatto colui a cui giova), che esprime la colpevolezza di chi trae vantaggio e giovamento da una situazione.

GRAMMATICA

– l’espressione è formata da due dativi: cui è dativo del pronome interrogativo quis, «chi?» e bono è il dativo del sostantivo neutro bonum, «bene, vantaggio». Si tratta del doppio dativo, uno di fine (bono) e uno di vantaggio (cui).

  • onus probandi > letteralmente «il peso del provare». Cioè, «l’onere della prova»; tale «peso» è un’incombenza che spetta a chi denuncia un reato; in altre parole chi denuncia un fatto, che ha le caratteristiche della gravità ed è passibile di condanna, deve portare prove che ne attestano  la verità e il reale accadimento.

GRAMMATICA

– «onus» in latino è sostantivo neutro della III declinazione

– «probandi» è gerundio genitivo del verbo probo.

  • pro tempore: > letteralmente «in rapporto al tempo». Il senso è: temporaneamente, per il tempo strettamente necessario. L’espressione è usata per definire còmpiti o mansioni limitati nel tempo, nell’attesa che venga nominato chi deve essere investito di quell’incarico in maniera definitiva. Tuttavia, chi ricopre «pro tempore» un incarico se ne assume tutte le responsabilità.
  • pactum scelĕris > letteralmente «accordo di delitto». In campo giuridico si tratta di un patto tacitamente sottoscritto da più individui, il cui scopo non è certo indirizzato al bene, ma quello di compiere un’azione delittuosa.
  • par condicio > letteralmente «uguale condizione ». Il concetto può essere espresso con l’espressione, ormai diventata diffusissima, «pari opportunità». Il riferimento della massima latina si estende oggi nel campo giuridico-politico ad indicare una misura di valutazione di diritti e doveri, che deve essere uguale per tutti, ad esempio per i partiti politici, nessuno dei quali dev’essere favorito o danneggiato nell’utilizzo di uno spazio comunicativo (stampa, radio, televisione). La frase si estende anche in àmbiti diversi da quello citato, in particolare per determinare uguali possibilità alle donne in campo lavorativo o sociale, rispetto agli uomini.
  • rebus sic stantibus > letteralmente «stando così le cose». Si tratta di una considerazione, utilizzata in ambito giuridico, ma citata in altre occasioni, con cui si sottolinea la condizione a cui si è arrivati dopo che si sono verificati certi eventi oppure si sintetizza un fatto, senza doverne ripetere i particolari o i dettagli.

GRAMMATICA

«rebus sic stantibus» è un ablativo assoluto col participio presente.

  • Ad  kalendas graecas solvere > letteralmente «adempiere alle calende greche, risolvere per le calende greche».  Il significato di questa espressione è evidentemente ironico, perché si riferisce al compimento di un dovere giuridico per una data inesistente, visto che nel calendario greco non esistevano le «calende». Esse costituivano invece una data significativa per il calendario romano, e cadevano il primo giorno del mese. Quindi l’espressione di frequente uso forense antico, ma anche moderno, sta ad affermare che un determinato evento non si verificherà mai.

 

  • casus belli > letteralmente «caso di guerra»; l’espressione è generalmente riferita ad un evento o a una situazione da cui può originarsi uno scontro armato o, quanto meno, una grave contesa o una discussione.

 

  • conditio sine qua non > letteralmente «condizione senza la quale non» si può compiere una certa azione. Ad esempio: «Il superamento dell’esame di stato è  conditio sine qua non si può accedere all’Università», quindi: chi non ha ancora superato l’esame al termine del ciclo di studi della scuola secondaria superiore non può iscriversi all’Università.

Valete!

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Frasi giuridiche in latino

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