Consideriamo, a partire da questo articolo, una serie di testi di Cicerone, autore chiave della letteratura latina, tratti da varie opere. Si tratta di testi significativi che testimoniano l’importanza dell’Arpinate in materia di svariate discipline: retorica, oratoria, filosofia, politica, letteratura epistolare.

Cicerone – testi dalle opere retoriche

De oratore, II 185

Analisi contestuale

Il testo di Cicerone proposto è tratto dal De oratore, una delle fondamentali opere di retorica che stabiliscono le modalità e le regole per il perfetto uomo di eloquenza. Queste modalità riguardano anche l’ elocutio, cioè lo «stile» più appropriato da utilizzare nelle varie occasioni in cui l’oratore si trova ad esercitare la sua attività. Nel brano che abbiamo scelto si tratta dello stile veemente, quello stile di eloquenza adatto a suscitare nell’ascoltatore, in particolare nei giudici, sentimenti forti che possono anche far mutare una decisione. E’ evidente qui il suo ideale di un’eloquenza nutrita di cultura e, in particolare, di filosofia. Cicerone ha ripreso e fatta sua la lezione appresa in Grecia e legata alla figura di Isocrate, famoso retore del IV secolo a.C. il quale considerava la retorica la forma più alta di educazione; rispetto a questi, tuttavia, ha superato il concetto per cui l’oratore è fondamentalmente il possessore di una tecnica.

Traduzione

A questo è poi legato quel metodo opposto di eloquio (esposizione), che con un altro strumento smuove le menti dei giudici e le spinge a provare odio o amore, ad invidiare o a voler qualcuno salvo, a temere o a nutrire speranze, a desiderare o a provare disgusto, a rallegrarsi o a dolersi, a provare compassione o a volere punire, o ad essere trascinati a quegli stati d’animo, che siano legati e provenienti da simili emozioni. E l’oratore deve aspirare a questo, che i giudici da soli, di loro spontanea volontà, trasferiscano nel processo una qualche emozione, in accordo con ciò che l’interesse dell’oratore suggerirà. È più facile infatti, come dicono, incitare uno che corre che non commuovere uno che languisce nel torpore. Se però non sarà così, o sarà piuttosto incerto, come un coscienzioso medico, prima di tentare di somministrare una medicina ad un malato, deve conoscere non solo la malattia di colui, che vuole curare, ma anche le sue abitudini di uomo in salute e la costituzione fisica, così io, per parte mia, quando mi accingo, durante un processo incerto e difficile, a influenzare gli animi dei giudici, mi dedico con tutto lo sforzo mentale in quella riflessione e in quell’impegno a fiutare, con quanta più acutezza io possa, cosa provano, cosa pensano, cosa si aspettano, cosa desiderano, dove pare che possano essere trascinati con estrema facilità con il (mio) discorso.

Testo latino 

Huic autem est illa dispar adiuncta ratio orationis, quae alio quodam genere mentes iudicum permovet impellitque, ut aut oderint aut diligant aut invideant aut salvum velint aut metuant aut sperent aut cupiant aut abhorreant aut laetentur aut maereant aut misereantur aut poenire velint aut ad eos motus deducantur, si qui finitimi sunt et de propinquis ac talibus animi permotionibus. Atque illud optandum est oratori, ut aliquam permotionem animorum sua sponte ipsi adferant ad causam iudices, ad id quod utilitas oratoris feret, accommodatam. Facilius est enim currentem, ut aiunt, incitare quam commovere languentem. Sin id aut non erit aut erit obscurius, sicut medico diligenti, priusquam conetur aegro adhibere medicinam, non solum morbus eius cui mederi volet, sed etiam consuetudo valentis et natura corporis cognoscenda est, sic equidem, cum adgredior in ancipiti causa et gravi ad animos iudicum pertractandos, omni mente in ea cogitatione curaque versor, ut odorer, quam sagacissime possim, quid sentiant, quid existiment, quid exspectent, quid velint, quo deduci oratione facillime posse videantur.

Valete !

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